Intervista a Sandra Miranda Pattin di Annalisa Rosso (anno 2005)


Interlocutori Impossibili - intervento in situ Delta del Po, Italia 2013 - Sandra Miranda Pattin



- A.R: I tuoi lavori hanno una dimensione etnica forte. I materiali che utilizzi evocano storie lontane nello spazio e nel tempo. I colori sono quelli della terra o comunque naturali. Niente plastica, nessun accenno pop. Anzi, si può dire che tu sia all'antitesi di certa cultura occidentale sintetica e ipertrofica. Ti sei trasferita in Italia da Bogotà (Colombia) nel 1980 (mi sono trasferita nel 98 in Italia - sono nata nel 1980). Quanto di questo spostamento si riflette nel tuo sguardo antropologico? È un tratto che ricerchi consapevolmente o una caratteristica spontanea, quasi inconscia?

. SMP: C'è un po' di entrambe le cose, viaggiare è una sorta di bisogno, apre la porta di stanze remote dentro di me, e ne crea di nuove, per ciò il percorso tracciato diventa uno sguardo antropologico, è quasi una sintesi di ciò che si assorbe lungo il percorso. I materiali sono legati ad un senso molto istintivo, primitivo, sono materiali che esistono da molto più tempo che quelli più legati alla cultura pop come ad esempio la plastica per ciò credo che richiamino sensazioni molto più profonde nelle persone. A me interessa toccare la gente, in modo sottile e soave, attraverso un linguaggio a volte quasi impercettibile ma che rimane inconsciamente inciso su di noi. Io non voglio urlare ma sussurrare con abbastanza forza da farmi ascoltare.


- AR: La materia è sempre presente nei tuoi lavori. Le tue opere sono concrete, reali, solide. Anche quando si tratta di performance. Una traccia profonda, legata a una femminilità archetipica. La donna simbolo di fertilità ma anche capace di occuparsi degli altri e confrontarsi in pratica con i grandi temi della vita. Nascita, morte, malattia. Penso a Allow, in cui tu lavi i capelli a una ragazza e poi questa ti rende il gesto. Questa tangibile corporeità è legata al tuo essere un'artista donna?

. SMP: Io non sono una femminista ma senz'altro essere un'artista donna fa riflettere su molte cose, io vivo in prima persona le molte cose dalle quali le donne si privano, per essere forti,  soprattutto quando si è lontani da casa, quando si è soli e dobbiamo dunque sopravvivere sperando di essere feriti il meno possibile. Allow è permettersi un gesto che ne possa restituire un altro, un gesto d'amore che c'è lo permettiamo poco magari per paura di non riceverlo mai indietro o per paura di esporci, di diventare vulnerabili, è una riflessione che io vivo da donna più che da artista.

- AR: Mixed media. Sono parole che usi per definire il tuo lavoro. Oltre all'inventario di materiali tra i più svariati che utilizzi per le tue installazioni, ti esprimi anche attraverso la scrittura. Un tuo romanzo in spagnolo è stato pubblicato on line sul sito www.yoescribo.org. Sei curatrice di mostre. Hai fondato la rivista ArtSEEN (www.artseenjournal.com) e il sito d-side Art (www.d-sideart.com), una piattaforma che permette a critici, giornalisti, curatori, artisti e appassionati di entrare in contatto. Il tuo operato è decisamente molteplice. Da cosa derivano questi piani diversi eppure complementari?

. SMP: La scrittura è la prima espressione creativa della mia vita, agli occhi di tanti compagni di scuola io sarei dovuta diventare una scrittrice, il mio percorso creativo dunque inizia da questo, ed è diventata quasi una pratica quotidiana nella mia vita, qualche volta l'ho portata anch’essa a confrontarsi col pubblico ed è qualcosa che vorrei ancora esplorare. Le attività che ho intrapreso sono legate alla mia voglia di dialogare con altri artisti, di creare un dialogo che sembra essere diventato impossibile ed irraggiungibile. C'entra molto anche la mia curiosità e voglia insaziabile di imparare, di guardare, osservare ed assorbire, le mie opere alla fine si alimentano anche da questo.


- AR: Dici che collezioni "piccoli oggetti, contenitori, vetro, parole, cose". Una tua opera si intitola Collezione di Lacrime. Raccogli materia e sentimento. Un desiderio di fermare il tempo, di salvare dal decadimento quello che hai scelto e ha un significato. Un atto che si contrappone alla perdita. Anche il tempo, nei tuoi lavori, sembra bloccato. Ti riconosci in questa idea di a-temporalità che ha un sapore salvifico?

. SMP: Conservare momenti, pensieri oppure oggetti che ci riportano nel tempo mi permette di imparare, di osservare, di salvaguardare ogni volta ciò che ci ricorda la nostra umanità, il passaggio del tempo. Ogni evento lascia una sua traccia di qualcosa che si è persa per sempre, mi interessa legarmi all'importanza di un evento per il mio presente. Nel caso specifico delle lacrime, è stato oltre che un esercizio interessante, un modo di quantificare il dolore per un periodo di tempo, in modo da renderci conto l'influenza e la traccia che alcuni episodi lasciano nella nostra vita, quanto tempo investiamo nel dolore, è  anche esso una sorta di guarigione. Collezionare è comunque qualcosa che faccio da sempre e che forse ho imparato a fare da mio padre, andavamo spesso ai mercatini dell'antiquariato e lui con occhio esperto riusciva molto spesso a scoprire degli oggetti importanti, per me era quasi una caccia al tesoro, quindi gli oggetti sono legati anche a momenti speciali che ho trascorso con mio padre e che rimangono qualcosa da conservare.


- AR: La tua opera ha una forte componente spirituale. Una tua installazione è ospitata in una chiesa antica ed è diventata parte integrante dello spirito sacrale del posto. Una sensibilità dal forte tasso mistico. Quanto c'è di religioso in tutto questo e quanto, invece, è legato a una dimensione immateriale e ascetica ma non per questo devozionale?

. SMP: Io sono credente ma non religiosa, comunque le religioni mi interessano dal punto di vista dei rituali, dei culti che si utilizzano per custodire preghiere e pensieri e desideri. E' bellissimo il gesto di fede, di credere, di depositare un nostro pensiero in un luogo sacro. E' altrettanto vero che le persone hanno bisogno di spazio per parlare ma di uno spazio che sia in qualche modo sacro, speciale e questo nel comune popolare è legato alla religione, a luoghi di culto come le chiese che io amo molto, i templi mi affascinano proprio perché hanno il potere di far dialogare le persone intimamente con se stesse.

- AR: Le tue attività non strettamente creative sono legate a una necessità di divulgazione dell'arte. Tua e altrui. Oltre alla rivista ArtSEEN e il portale d-side Art che hai contribuito a realizzare, hai un blog e un sito tuo (www.sandramiranda.com). Perché per te è importante la comunicazione del mondo dell'arte contemporanea? E come ti muovi nel mondo virtuale?

. SMP: La comunicazione è indispensabile, io come artista voglio innanzitutto comunicare, oggi il mondo ci offre il modo per farlo ma è anche un ostacolo perché ora più che mai dobbiamo imparare la forma, altrimenti potremo perderci nell'immenso oceano della comunicazione di massa oramai percepita superficialmente. Oltre a ciò che si dice è importante più che mai come si dice, per ciò vivo il contrasto della comunicazione, del tessere la rete che lega il mio lavoro anche a qualcuno che si trova molto lontano mentre nelle mie opere, soprattutto quelle più recenti c'è molto più silenzio, la pausa necessaria per assimilare l'informazione.
Mi muovo abbastanza bene nel mondo virtuale ma mi rendo conto di quanto esso contribuisca alla mia già innata solitudine, per ciò cerco sempre che le persone interagiscano in qualche modo con le mie opere, per recuperare la nostra capacità di rapportarci.

- AR: Le tue opere sono dense di emozioni selvagge. Sentimenti profondi, universali, bassi come il gorgoglio di un fiume sotterraneo pronto a rivelarsi. Un tema a te caro è quello del fuoco, che affronti in questa mostra. Potenza assoluta, fragore dirompente, pensieri magmatici. Il fuoco è violento e pericoloso. Ma anche fondamento di tutte le culture, portatore di vita e crescita. Come gestisci questo aspetto irrazionale e brutale dei tuoi lavori? Come lo sposi con il lato più delicato e sensibile, che altrettanto spesso affiora?

. SMP: Il fuoco è un elemento contrastante di per se, nel suo silenzio o meglio nel suo far rumore cosi piano da non sentirlo è capace di diffondersi, distruggere, ma è la stessa forza della vita, dell'amore se vogliamo, cosi contrastante. L'acqua che è l'altro elemento che a me interessa maggiormente è senz'altro il suo rivale, per ciò è naturale che nel mio percorso entrambi gli elementi vengano esplorati, mi interessa il fatto che ognuno contiene gli estremi della vita, la gioia, il dolore, la calma e la tempesta e noi che ci troviamo in bilico fra di loro.






 Interlocutori Impossibili - intervento in situ Delta del Po, Italia 2013 - Sandra Miranda Pattin




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